venerdì 24 febbraio 2017

20 (dannatissimi) anni

Silvia non riusciva a prendere sonno.
Si rigirava sotto le coperte da almeno mezz’ora, fissando il sacchetto di cellophane attaccato al soffitto, che racchiudeva il suo porta cartoline. Da tre giorni si riprometteva di toglierlo, oramai aveva pulito tutta la camera, ma alla fine la pigrizia ha sempre la meglio.
Provava a mettersi di pancia, peggiorando solo la situazione. Aveva fame, ma era mezzanotte e 43 minuti. Mangiare in quel momento avrebbe significato mandare a puttane tutta la dieta. Ma lei non era a dieta. Ma non è comunque corretto.
Si rigirò su un fianco, strinse il suo pupazzo al petto. Sospirò. Troppi pensieri affollavano la sua zucca. Nelle nottate come questa, non c’è scusa che tenga: doveva far ordine. Ma stavolta non sarebbe bastato un post-it. Si conosceva abbastanza. La soluzione era una sola.
Accese l’abat-jour, maledicendosi mentalmente. Perché aveva messo la crema sulle mani? Ah, perché avrebbe dovuto dormire. Non si piange sul latte versato, Silvia, si ricordò.
Scalciò il piumone – o è una trapunta? Boh, sticazzi, si disse – da quando sei così volgare?, aggiunse – da quando passi ore a parlare con te stessa?, incalzò – oh, fanculo. Si diceva… ah, si, scalciò quel coso che la stava coprendo dal collo in giù, e pose i piedi sul pavimento. Zampettò fino alla scrivania, prese il pc. Poi il tavolino portatile da letto dell’Ikea. Infine, si rimise sotto le coperte, alla tastiera. Ed ordinò la sua mente.

Sono passati vent’anni esatti, ora più ora meno, dalla mia nascita. Wao. Fa effetto.
Da piccola ho sempre pensato che a 24 anni mi sarei sposata ed avrei avuto figli – forse perché sono nata il 24 febbraio, e da allora il numero 24 mi piace. Pensavo anche che avrei già avuto successo, e che non sarei stata ancora qui. In effetti, ancora non ho 24 anni. Ma ci vado pericolosamente vicino.
Comunque, quando hai 19 anni è comodo spacciarti per 17enne. Basta cancellare mezzo cerchio al nove e puff!, diviene un 7 scritto da bambino di seconda elementare. Poco male, rapido ed indolore.
Ma venti… Oh diamine (si, sono tornata raffinata), 20 come lo modifichi?!? Non si può! Venti rimane venti, comunque lo rigiri.
Improvvisamente, mentre mi rigiro nel letto (vedi sopra), comprendo sempre più che i miei sogni d’infanzia sono andati infranti. Sognavo d’essere in un’altra città – e invece no, ciao amati monti! -, sognavo di essere una delle più giovani scrittrici italiane – e invece non aggiorno nemmeno il mio blog per mancanza di tempo -, sognavo di leggere almeno 50 romanzi all’anno – ed invece col passare del tempo il numero si è drasticamente ridotto.
Sognavo però anche di essere circondata dalla mia famiglia, da una migliore amica e da un ragazzo, ed almeno questo l’ho ottenuto, grazie Karma. Occidentale od orientale che tu sia.
Ed ora eccomi, torno a fissare quel sacchetto sul soffitto. Dovrei proprio toglierlo, ma che noia, se poi devo spolverare tutto il lampadario? Anche no… (si mamma, se stai leggendo, non l’ho ancora fatto. Visto che vuoi ricordarmi la mia vecchiaia, però, ricordati anche che a 20 anni ho diritto ad avere un sacchetto di cellophane sul soffitto anche io. È arte contemporanea.)
Penso a domani. E mi vien male.
Perché più tempo passa, peggio è. Si diventa falsi con l’età: e così sorriderò ed abbraccerò persone che in realtà non vorrò vedere, risponderò con cuori a whatsappate e facebookkate che m’intaseranno il cellulare, ringrazierò per regali che, appena avrò visto, finiranno sulla lista di cose da “rivendere tra 20 anni, quando si saranno dimenticati di avermelo regalato”. Guai a fare il contrario: l’equilibrio mondiale ne risentirebbe. Ma questa cosa mi rode proprio il fegato, perché io falsa non so essere, piuttosto pecco d’omissione, perché “Silvia taci che è meglio”. Qui almeno posso sfogarmi, questo spazio è mio e posso dire (quasi) ciò che voglio.
I regali. I saluti. Gli auguri.
Cazzo che ansia ragazzi. (Torno volgare).
Siiii, lo soooo, sono parecchio ingrata, ci sono bambini che non hanno tutto ciò etc. etc. Però io lo vivo male. Ed ogni anno è sempre più veloce, e mi viene da andare al bagno e rimettere anche l’anima se penso a quante cose avrei voluto fare e anche quest’anno non ho fatto.
In primis scrivere di più.
Ed ecco perché sono qui.
Non so se questo blog ha molto senso. In fondo siamo quattro gatti a leggerlo. Mi fa sempre piacere scoprire che da qualche parte c’è un quinto – ogni tanto esce allo scoperto, fa le fusa, poi scompare – ma è un po’ pochino. Io ho manie di grandezza e protagonismo, sapete? Anche se alla fine l’amata umiltà fotte tutti, perché manco io riesco ad essere al centro dell’attenzione come vorrei. È un gatto che si morde la coda, il mio lettore tipo. Sì, gatto, non cane: perché è snob, ma se vuole sa ammaliare anche lui.
Quindi, eccoci qui. Mi sono fatta un regalo: 20 minuti di scrittura, uno per ogni anno mandato a quel paese dal 1997 ad oggi. Non so se realizzerò un nuovo sogno quest’anno, o se ne creerò di nuovi, meno utopici. Non so se sarà meglio o peggio del precedente, non so proprio niente. In un anno la vita viene stravolta, e se penso a dove ero un anno fa, a cosa facevo… Torno al water a rimettere. Va oltre ogni mia immaginazione.
Bene, mi sono svuotata. Buon compleanno Silvia: ti auguro che questa giornata finisca al più presto, e che le persone false non scoprano dove sei per tutto il giorno, cosicché tu possa cavartela con un sms. Ma ti auguro anche che le persone alle quali tieni spuntano dalla porta sul retro, e festeggino con te.
Ti voglio bene, sotto sotto.
Te stessa.


PS: googlando “20 anni”, il primo risultato è “In carcere per un'intercettazione fraintesa, assolto e libero dopo 20 anni”. Non male come inizio. 
PS'': Mi sarei dovuta comprare questa.

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