lunedì 29 agosto 2016

Gea Mea, l'amore per la propria Terra


Ciao a tutti!
Dopo un attimo di pace, tornata a casa, mi prendo un momento per scrivervi.
Sono stata, come avete letto nello scorso post, in Puglia per una vacanza... particolare: mi trovavo infatti in provincia di Brindisi, per la premiazione dell'ultimo concorso letterario al quale ho avuto il piacere di partecipare.
Ed ecco che, presso Ceglie Messàpica, ho ricevuto l'attestato per il terzo posto del concorso MittAffett allo scrittore - Gea Mea, con il testo Profumo di mare, decretato dal Presidente di Giuria Paolo Giordano! (Vincitore del Premio Strega con La solitudine dei numeri primi, ma io vi consiglio di leggere anche Il corpo umano ed il capolavoro Il nero e l'argento)  Oltre 300 partecipanti, wao!
Purtroppo - o per fortuna, non so - non posso condividere con voi il testo vincitore, in quanto è stato antologizzato. Tuttavia vi posso dire che parla di una donna e dell'amore per la sua terra, in particolare Chianalea, in provincia di Reggio Di Calabria.
Non mi resta che postare qualche foto per voi, ringraziare nuovamente Paolo Giordano per aver giudicato il mio testo degno di premio, e... ringraziare per il sostegno Maria Rosaria Pelusio e Federico Verdi, che a quanto pare conoscono meglio di me il mio amore per il Sud, e sono più bravi di Paolo Giordano nel giudicare il mio talento.
Qui trovate il link alla pagina Facebook dell'Associazione MittAffett, promotrice del concorso, e le foto della serata, alcune delle quali sono anche qui.





Con l'Assessore Antonello Laveneziana e l'attestato
Con Paolo Giordano e gli altri finalisti del concorso
L'attestato del concorso
Un'ultima riga per le popolazioni terremotate del Centro Italia: siamo tutti con voi, forza!

domenica 21 agosto 2016

La signora Marilena: l'umiltà del bisogno

Mi sono innamorata di Lecce.
Lecce non sembra una città del sud, sfido chiunque a non scambiarla per le più glamour Milano, Torino, Bologna.
Lecce è viva, come solo una città ospitale e generosa può esserlo.
Mi sono avventurata tra le sue vie con gioia, ho assaggiato profumi particolari - cuoio, terracotta, cartapesta, cotone - e ammirato opere artigiane di inestimabile valore.
Stavo per andarmene da Lecce a cuor leggero. Stavo.
Sulla via del ritorno, la mia vita tutta pailettes rosa e souvenir colorati s'è momentaneamente ingrigita.


 














Lei è la signora Marilena. 
Una signora come tante altre che s'incontrano per le splendide vie pugliesi. Distinta, a modo, sedeva composta avvolgendo le mani attorno all'esile corpo segnato dalla vita.
Indossava una gonna nera, un maglioncino nero, delle ciabatte classiche da nonna nere, ed aveva accanto un borsello nero.
La signora Marilena ha la pelle liscissima ed è dolce come lo zucchero. Nei pochi minuti nei quali le ho rivolto la parola mi ha insegnato più di quanto io abbia imparato a scuola in tredici anni.
Mi ha parlato di orgoglio, di come si debba mettere da parte quando si ha bisogno di aiuto.
Mi ha parlato di umiltà, perché non servono tanti gesti plateali per dimostrare che si è in difficoltà.
Mi ha parlato di fede, e mi ha persino detto che il Signore, lo stesso al quale ha chiesto di benedirmi, si era manifestato tramite me.
La signora Marilena stasera giace sul freddo pavimento del centralissimo Corso Vittorio Emanuele, all'altezza del numero 80, a Lecce, su di un cartone mezzo rotto.
La signora Marilena vorrebbe solamente una chiacchiera, e poter comprare il pane il giorno dopo.
La signora Marilena ha due occhi grandi come le luci dei fari e ti scrutano dentro.
La signora Marilena, a terra, era più pulita di me, con le borse degli acquisti al braccio.
La signora Marilena non ha fatto nulla di male per questo mondo schifoso, anzi ha lavorato per anni, magari anche per te che stai leggendo e nemmeno lo sai, ma ora ha meno di 500 euro di pensione nelle tasche, e quasi 400 se ne vanno solo di affitto.
La signora Marilena si è abbassata a chiedere l'elemosina, senza nemmeno scrivere ho fame su un cartello.
La signora Marilena ha semplicemente posto un cappello di lana nero, come tutto il suo vestiario, davanti a sé, e si è seduta. Nessuno la nota. Nessuno disturba.
La signora Marilena potrebbe benissimo essere mia - o tua - nonna, per non dire madre. Potrebbe farti sedere accanto e raccontarti della guerra, o della pace.
La signora Marilena, quando ha saputo il mio nome, mi ha citato A Silvia di Leopardi, anziché chiedermi denaro.
La signora Marilena, abbracciandomi, tremava.
La signora Marilena, quando le ho chiesto una foto assieme, s'è coperta il viso per vergogna - non dell'elemosina, no, ma perché nelle foto esco un mostro.
E invece, signora Marilena, lei è proprio bella.

Dei mostri, siamo noi.
Io sono una stronza, lo so, ed anche parecchio egoista. Ho fatto della legge del contrappasso il mio mantra, ma se mi chiedono 1 euro per mangiare dico che non lo ho e mi volto dall'altra, perché tutti abbiamo fame a questo mondo, chi di questo chi di quello.
Ma. Ma.
Ma la signora Marilena è quel Cristo che s'incontra per le strade, che ti accoglie a braccia aperte anche se non ti conosce, perché forse tra le due avevo più bisogno io.
La signora Marilena mi ha sconvolto l'anima.
Ora vi chiedo, cari Leccesi.
Io non abito a Lecce. Ma vi scongiuro, portate un euro ciascuno alla signora Marilena da parte mia.
Non vi chiedo soldi per me - che farmene? Per i souvenirs? - No. Date un pezzo di pane alla signora Marilena, parlate con lei. Abbracciatela. Confortatela. Come se fosse vostra nonna, vostra madre.
Mi avete accolta nella vostra stupenda città a braccia aperte, voltatevi verso le vostre mura ed abbracciate lei per me.
Ricordatevi le parole di Papa Francesco sul parlare coi nonni, se proprio io non vi sto simpatica.

Ma fatelo, perché un domani lì potreste esserci voi - o io.

martedì 9 agosto 2016

Disturbo di un mattino di fine estate

Buongiorno cari lettori!
Stavolta trovo il tempo di scrivervi anche dalle vacanze al mare. Ed ecco allora qualcosa che, ne sono certa, è capitata a tutte prima o poi...

Le ho provate tutte. Proprio non ci riesco.
Tu non ti sposti. Non ti smuovi. Non ti scansi.
Rimani lì ad ondeggiare, fissandomi furbescamente, come se tutto ciò fosse colpa mia, ma io sono la vittima di questo giochino perverso che va avanti da troppo tempo, per i miei gusti.
Mi sono ribellata come un contorsionista, girandomi e rigirandomi e spingendo contro di te con tutte le mie energie. Però no, tu hai deciso che quel posto ti piace e te lo sei preso di diritto.
Hanno provato a dissuadermi, a farmi lasciar perdere, perché è una lotta impari, dicevano, è più forte di te, ha forza fisica e forza di volontà, si sa nascondere, è subdolo, ti distruggerà i nervi, ti ucciderà!, però io so che posso farcela, con le lacrime che scendono sulle gote ed i muscoli che bruciano ma posso farcela. Vincerò la mia medaglia d'oro nel judo. Nella lotta libera. Nel pugilato.

Il terreno sembra uno di quei paesini sperduti in montagna, quando tutti sono scesi a valle nelle grandi città: tu sei quell’unico anziano testardo che ha deciso d’incaponirsi e non lasciare casa sua, aggrappandosi all’unica ancora di salvezza nel raggio di km, il pilastro del suo vecchio rudere.
Tu sei simile a quelle piante infestanti, che anche quando sei riuscita a togliere tornano più forti di prima.
Sei simile a quell’unico dente nella bocca sdentata che non si può togliere senza provocare danni.
Sei simile a quel segno rosso che non ha permesso alla verifica di essere da dieci.
Sei simile a quella cacca di piccione sul parabrezza, quel piccione bastardo che ha deciso che la tua macchina è perfetta come water mobile.
La tua chioma è simile a quella dei ragazzi del campeggio, i quali non si lavano da due settimane ed hanno affrontato sudore, pioggia, fango e frittura mista di pesce.
I tuoi occhi sono simili agli occhi di un cane randagio abbandonato dal padrone sulla Salerno-Reggio Calabria a mezzogiorno, incavolati più dell’Etna in eruzione.
La tua bocca, come l’ombelico di quel signore in carne che non riesce a distendere il ventre, ripiegato su se stesso.
Sei simile a quella macchia di vino sulla tovaglia preferita che proprio non se ne va, simile a quella scheggiatura sul vetro immacolato dell’iPhone, simile al neo peloso sul volto di Miss Mondo.
Ed io tento di estirparti alla radice.
Prima ho usato il disinfestante, che ha solo impuzzolito l’aria circostante, diventata per ore irrespirabile.
Poi sono passata alla spada, per trafiggerti il cuore e lasciarti agonizzante sul terreno, ma tu hai schivato tutti i miei colpi.
Ho provato a soffocarti con una nube tossica, tu però hai scoperto sempre una bombola d’ossigeno nelle vicinanze.
Ti ho tirato i capelli, ti ho stretto le mani al collo, ti ho grattato fino a farti sanguinare, ma tu no, no, sorridi beffardo, anzi ridi proprio alle mie spalle!, e fissandomi urli perfidie, dici che non mi libererò mai di te, che posso lottare quanto voglio ma non ce la farò, che nella vita vincono i cattivi ed io sono troppo debole per sconfiggerti, che mi posso contorcere anche fino a Natale ma non verrà Dio a salvarmi perché tu se più forte di chiunque altro, ed attorno a te si vengono a creare bozzi e montagnole sanguinolente ed io soffro, soffro…
Ora basta.
Io sono più forte.
Ghostbuster mi fa un baffo.
Infilo guanti in lattice. Occhialini protettivi. Grembiule senza maniche. Hai i minuti contati, caro mio.
Srotolo l’arsenale. Accanto a kalashnikov, berette, bombe a mano, scelgo la Schiuma Da Barba Prorasoed una lametta Gillette Venus.
Alzo il braccio con uno spasmo dolorante. Cerco la posizione più congeniale, ed urlo È finita!
Ed attacco quell’unico pelo nell’incavo dell’ascella che non se ne viene mai via.

Inutilmente.

martedì 2 agosto 2016

#GMG16

Ciao mondo!
Se vi può interessare, ecco il link del mio ultimo articolo su La Voce Del Trentino, dedicato alla mia esperienza a Cracovia per la GMG 2016:

http://www.lavocedeltrentino.it/2016/08/02/portiamo-la-pace-nel-mondo-gmg16-krakow-viaggio-ti-cambia-la-vita/
Lo pubblico anche qui.
Spero vi piaccia! Un bacione! 



Ivy

Prima di partire, mi avevano detto che l’esperienza della Giornata mondiale della gioventù (GMG) cambia la vita.
All’inizio non ci avevo creduto. Solitamente funziona come quando dicono che un film è commovente, ma tu ti addormenti davanti alla tv: è una cosa soggettiva.
Tuttavia partecipare, ridere, urlare, cantare, ma soprattutto pregare, mi ha fatto ricredere.
La delegazione trentina è partita il 24 agosto, una serata come tutte le altre, eccezion fatta per la stupenda Messa presieduta dal Vescovo Lauro.
Già in quel momento iniziavo a pentirmi della scelta fatta: al contrario di tante persone lì presenti, conoscevo pochi ragazzi, mi sentivo sola. Pensavo: chi mi ha spinto a fare un’esperienza simile? Perché andare in un posto lontano, con una lingua, una cultura ed una moneta sconosciute, stando scomodi? Dio non mi ascolta anche da casa?
Ci sono voluti due o tre giorni, ma ho capito perché sono andata a Cracovia.
Innanzitutto, perché si respirava misericordia: su ogni volto si poteva leggere un sorriso, ad ogni angolo si incontrava una mano tesa per battere il cinque, in ogni bandiera un sentore di globalità, in ogni sbadiglio, stiracchiamento, piegamento, una stanchezza comune mista a voglia di andare avanti.
Paradossalmente, un evento tanto multiculturale è stato occasione di patriottismo. Si vedevano bandiere tricolori ovunque, ed appena se ne avvistava una, un urlo risuonava tra le strade: “ITALIANO BATTI LE MANI!” ed un sonoro clap scaturiva dal cozzare dei palmi.
Qualcuno ha scambiato la propria bandiera per quella di un’altra nazione; molti altri, come me, hanno preferito farla firmare al proprio gruppo, ricordo di amicizie nuove sbocciate a km di distanza dalle proprie case, ma destinate a continuare anche in Italia.
Tanti cori “da stadio” e tante canzoni dedicate a Dio venivano intonate in massa, qualche volta partite semplicemente dal borbottio di qualcuno e tramutate in giubilo verso il cielo. Spesso non si conoscevano le parole, e quindi si aspettava che la strofa venisse ripetuta due, tre volte per iniziare a cantare tutti assieme.
Ogni tanto si interrompeva perché ci si doveva spostare per far passare ambulanze, vigili del fuoco e polizia. Da una parte ci si sentiva protetti, dall’altra un brivido scorreva lungo la schiena, e magari si rivolgeva nel proprio intimo una preghiera silenziosa, per poi tornare a cantare.
Ciò che ho preferito sono state di certo le Messe. Cracovia non è stata molto clemente col tempo – non di rado abbiamo tirato fuori le ventine gialle, rosse e blu del Kit Internazionale per proteggerci dalla pioggia! -, però ad ogni Messa e ad ogni momento di preghiera o riflessione all’aperto, il cielo si placava. Durante la Messa di apertura a Campo Blonia, al momento dello scambio del gesto di pace, è persino uscito un raggio di sole.
E che Pace! Come mi è piaciuto ribadire sempre, abbiamo sul serio portato la Pace nel Mondo! Ognuno la dava a modo suo: moltissimi si abbracciavano e si baciavano, un gesto stupendo rispetto alla nostra “fredda” stretta di mano. Alcuni si limitavano alla parola “Pace”, altri usavano formule del tipo “La Pace sia con Te”, ognuno nella propria lingua o in inglese.
Le Messe si potevano ascoltare nella propria lingua grazie alle radio. È stato buffo, a Campus Misericordia e, ascoltare la Messa di Papa Francesco: la frequenza in italiano prendeva solo sollevando il braccio al cielo! Non pochi si sono ingegnati per far meno fatica, attaccando lo smartphone ad ombrelli, bandiere, bastoni, persino stampelle.
Malgrado ciò le parole del Papa ci hanno scaldato i cuori, e durante la Veglia, circondati da quasi due milioni di candele, si poteva sentire il calore della preghiera. Un’esperienza di fede unica ed irripetibile, seguita da una notte insolitamente serena sotto le stelle.
Durante la settimana numerosi eventi hanno animato la GMG: i ragazzi del Trentino hanno seguito in particolare per tre mattine la catechesi, colma di parole che sono entrate nel profondo della mente e dell’anima e che molti di noi hanno scritto sul proprio Diario, con la collaborazione del Vescovo di Palermo mons. Corrado Lorefice, del Vescovo di Cerignola – Ascoli Satriano mons. Luigi Renna e di Fra Andrea Cova.
Quest’ultimo nella giornata di mercoledì ci ha illustrato i mosaici del Santuario di San Giovanni Paolo II, che poi siamo andati a visitare prima della Festa degli Italiani: il Santuario è un luogo magico, dal quale traspare la Misericordia grazie ai giochi di luce dati dai mosaici dorati.
Inoltre vi è esposta la tunica dell’attentato fatto a Papa Wojtyla nel 1981 da Mehmet Ali Agca: vederla e pensare che è sopravvissuto porta a credere immediatamente che è stato un miracolo.
Anche il momento delle confessioni è stato particolarmente sentito, perché lì è stato tangibile il perdono di Dio tante volte invocato dai preti e dal Papa.
Si può di certo dire che non siamo stati giovani da sofà, né pensionati prima del tempo, ma anzi siamo state ottime sentinelle del mattino!
Ciò che mi sento di dire, alla fine di questo viaggio, è che sì, la GMG ti cambia la vita.
Guardi il mondo con occhi diversi. Impari a vivere con più tolleranza ed un sorriso stampato sul viso, a collaborare per stare meglio assieme, ad avere pazienza se le file sono eterne e magari alla fine non si vede (o non si mangia!) niente, a camminare per ore ed ore perché i mezzi sono pieni, ma comunque a ringraziare i volontari e le forze armate che ti permettono di passare di lì senza farti del male. Insegna ad accettare ciò che viene, a chiudere gli occhi e pensare che si è fortunati anche in quel momento, ad apprezzare il silenzio anche se si ama il caos, ed a stare in silenzio se qualcuno ne ha bisogno. Si comprende la forza di una domanda, e che nessuna è veramente stupida quindi tanto vale porla, magari la risposta sorprenderà.
Si nota quanto sono forti le parole e fa capire la distanza, e quanto le persone a casa possono stare in pensiero. E se si è insieme, anche se il cibo non va giù o la musica non è spettacolare, ci si può divertire comunque.
Infine, qualche parola per la ragazza romana venuta a mancare ieri, di ritorno dalla GMG. Mi sento in dovere di mandare un abbraccio ai genitori per questa indescrivibile perdita. Credo che Dio abbia saputo perché lei e perché ora: nel mentre, preghiamo tutti assieme.
E per tutto, Grazie Gesù.