venerdì 21 settembre 2012

Sfida: RANCORE

Salveee!!!
Vi premetto subito che ho un'orribile pseudo-tendinite alla mano destra, perciò scriverò con la sinistra... E pertanto sarò MOOOLTO lenta.
Secondo, vorrei festeggiare con voi:

 

Grazie mille!
In ogni caso, abbiamo una nuova parola (grazie Milly!) : la parola, anzi, il parolone di stamane è Rancore. Un'emozione pesante, difficile da sopportare, che talvolta sfocia in disperazione, se non in qualcosa di ben peggiore... Iniziamo.

Sole. Luce ovunque. Ombre pressoché inesistenti. Risate gioiose, sorrisi splendenti, musica allegra, dolci baci. Tanto. Troppo da sopportare. Perché il mondo non si sentiva come lui? Perché ove dovevano esserci ombre e disperazione aleggia la gioia?
Antonio non si dava pace. Si contorceva le mani, digrignava i denti, piangeva lacrime amare. Da quel giorno non era più uscito di casa, se ancora così si poteva definire quel luogo freddo, buio ed inospitale, pieno di polvere e ragnatele, coi pesanti tendoni di velluto dell'Ottocento tirati davanti alle ampie finestre e i divani di broccato coperti da teli di nylon, come se questo rendesse la stanza più pulita.
La camera di Marie era ancora chiusa a chiave. Non aveva il coraggio di vederla, non dopo quello che era successo solo una settimana prima.
Ma come poteva vivere, con quel peso sul petto?

Dling dlong!
Una voce roca e cavernosa tentò di urlare un "Marie!", ma ne uscì solo un suono indistinto, soffocato da un colpo di tosse grassa ammortizzata con un fazzoletto. 
Per fortuna, la giovane era nella biblioteca vicina. Spolverandosi le mani nel grembiule, si avviò verso il portone d'ebano.
"Chi va là?" chiese guardinga. In quel periodo stavano succedendo molte strane cose. Meglio essere prudenti.
"Antonio Benvenuti, signorina. Sono l'aiutante del dottor Blanchard. Il dottore vi aveva avvertito..."
Marie tolse in fretta il catenaccio con foga e girò il pomello. "Grazie a Dio siete qui! La bronchite è peggiorata, e... Siete italiano per caso? Si nota dall'accento. Venite con me, seguitemi!!"
Entrarono in uno stanzone buio, pieno di cimeli antichi. In mezzo alla camera c'era un letto a baldacchino amaranto, e sopra le coperte giaceva un vecchio, corroso dall'età e dalla malattia. La figlia corse al suo capezzale.
"Padre, è arrivato il medico... Suvvia, adesso vedremo che cos'avete. Orsù, padre, niente moine!" e lo sollevò leggermente. 
Antonio si avvicinò, aprì la valigetta di cuoio e auscultò il petto dell'uomo. Poi sorrise a Marie.

"Tranquillizzatevi, sembrerebbe in via di miglioramento! E' normale che la tosse peggiori leggermente, ma continuate a dargli le cure e pregate. Sono gli unici due modi per guarire!"
"Grazie mille! Ma... dottore, è possibile che v'abbia già visto da qualche parte? Mi sembrate familiare..."
"Potrebbe essere. Non sono da molto a Parigi, ma faccio lunghe camminate per le vie della città."
In quel mentre il portone si spalancò, facendo sobbalzare i due giovani. Nell'atrio angusto irruppe una donna bassa e grassoccia, che passava a malapena dal corridoio, con un cappello pieno di piume ed un soprabito color crema che le stava scoppiando addosso.
"Marie, tesoro! Perdonami, c'era una magnifica offerta da Madame Dumas... Ma chi è questo giovine? Piacere, Magdalen, la madre di Marie. E lei è..."
Antonio, spiazzato, tese la mano e strinse le dita simili a salsicciotti. "Sono il dottor Benvenuti, signora Lacroix, l'aiutante di..."
"OOOH, ma adesso ricordo! Posso chiamarvi Antoine? Fa molto più francese... Françoise mi aveva avvertita del fatto che sarebbe passato il suo assistente, ma non che questi fosse così attraente.."
"Basta così, madre." La voce di Marie era glaciale, distaccata. Antonio pensò che odiasse la madre. Glielo si leggeva negli occhi grigi, divenuti gelidi alla sua vista.
"Antonio, la posso accompagnare fuori?" gli chiese.
"Certamente" rispose lui, riprendendo il cappotto dall'appendiabiti e la bombetta dal tavolino.
Appena usciti, un vento freddo, come il tono di Marie pochi istanti prima, li avvolse tra le sue spire. Marie teneva il capo basso. Poi mormorò: "Scusatemi per prima. Io... Non sopporto mia madre. Ha sposato Papà solo per i soldi, e adesso che lui non può più controllare il suo conto in banca, si dà alla pazza gioia tra le boutique più facoltose..." Una lacrima si posò sulla sua guancia. Antonio la asciugò, con somma sorpresa di Marie.
"Vi capisco... Ma prometto che tenterò di aiutarvi."
"E in che modo, se mi posso permettere? Mio padre morirà. E' questione di giorni, se non di ore. Ed a quel punto i soldi andranno di diritto a mia madre. Ed io diverrò quasi una sguattera..." Altra lacrima, un singhiozzo. Antonio tirò fuori il suo fazzoletto, glielo porse. Lei s'asciugò il viso, ringraziò e glielo tese. "Meglio che lo teniate voi" rispose con un sorriso, che Marie ricambiò prontamente.
"Dovete scusarmi, vi ho riversato addosso tutti i miei problemi senza ritegno... "
"State tranquilla. Non c'è problema. Anzi, forse ho trovato una soluzione..."
"Davvero?" Marie s'illuminò.
"Innanzi tutto, vi giuro sulla Colonna Vendome che farò guarire vostro padre. Quanto al fermare vostra madre... Avete mai pensato ad un matrimonio combinato?"
Marie sobbalzò, poi lo guardò stralunata. "Un matrimonio? E con chi? No, io devo stare al capezzale di mio padre..."
"Ma potreste starci lo stesso! Io... Io necessito di una moglie. Sono in Francia con un visto, e se mi sposassi con una residente mi farebbero lavorare in pace. In cambio, lei avrebbe i soldi di suo padre congelati. Le assicuro che non m'interessano. E poi, vostra madre dovrebbe dar conto a voi di ogni suo acquisto. In questo modo saprete in ogni momento cosa compra. Infine, io sarei sempre vicino a vostro padre, e voi pure, e potremmo correre assieme al suo capezzale... Da parte mia, non vi chiedo niente..." E con quest'ultima frase, il giovane arrossì.
Marie era visibilmente confusa. "Io... Mi lusinga la sua proposta. Ma... Non le so dire. Ci penserò."
Un pensiero balzò nella mente di Antonio. "Non è che siete già promessa? O, ancor peggio - per me, s'intende - siete... Innamorata?"
"No, no" lo rassicurò Marie "Nessuna di queste cose. E' che... Sarebbe un cambiamento radicale. Fatemi pensare. Ma vi rassicuro: è già in partenza più si che no."
E così dicendo, se ne andò.

Le nozze furono celebrate nella chiesa di Saint-Augustin, con rito cattolico.
Marie era emozionatissima, malgrado non fosse innamorata del suo giovane sposo. Indossava un abito avana lungo fino alle ginocchia, non molto ampio, con maniche lunghe e scollatura rettangolare. Guanti beige avvolgevano le mani curate ed affusolate, un velo sottile di tulle le cingeva il volto. Rose selvatiche, bianche e pure come la loro padrona, completavano la 
mise.
Anche Antonio era emozionato. Aveva fatto venire i suoi genitori dalla Toscana, e fatto fare il suo vestito da un sarto italiano. 
La cerimonia durò poco, anche se fu imbarazzante per entrambi scambiarsi un bacio. Erano diventati amici, certo, ma non così intimi.
Alla fine, dopo aver consumato un lauto ma veloce pasto in un ristorantino vicino, andarono dal padre di Marie, che benedì la loro unione. Solo loro due sapevano che era un matrimonio più di convenienza che d'amore, però la madre di Marie era comunque livida di rabbia.
Dopodiché, Antonio portò la sua novella sposa nel suo appartamento. Non era molto lussuoso, ma era spazioso per entrambi. Marie si chiuse nella sua stanza, e ben presto s'addormentò.

l'indomani ed i giorni seguenti Antonio li avrebbe sempre ricordati come i più frenetici della sua vita.
Corsero per mezza Francia, alla ricerca di una cura per la malattia che aveva colpito così duramente Monsieur Lacroix. Inutile dirlo, non trovarono nulla di soddisfacente. 
Marie si stava lasciando andare alla disperazione. Mangiava poco, non si curava più, pensava solo al padre, che dal canto suo la rimbrottava, dicendole che doveva prestare tutte quelle attenzioni al marito. Lei annuiva mestamente ogni volta, ma poi rimaneva lì, i gomiti sul letto, uno sciroppo in una mano ed un cucchiaio nell'altra, gli occhi stanchi, i capelli scompigliati, la veste stropicciata.
Antonio era messo anche peggio. Non dormiva da giorni, tentando di trovare la cura per quella malattia. Aveva contattato i maggiori medici mondiali, e non aveva ancora ottenuto risposta. Unico aspetto positivo, il dottor Blanchard gli aveva affidato il paziente.

Passarono i giorni, uno più angoscioso dell'altro. Non ci volle molto perché Antonio capisse che non era bronchite quella del signor Lacroix. Marie sveniva quasi regolarmente, ed Antonio dovette costringerla a mangiare sotto minaccia: o si nutriva, oppure non sarebbe più stata al capezzale del padre. Almeno così ricominciò a spulciare qualche fetta di pane. 
Ahimé, anche lei aveva capito che il padre non sarebbe vissuto ancora a lungo, e così se la prendeva col suo sposo, poiché le aveva giurato che l'avrebbe curato.
La madre, dal canto suo, non s'avvicinava nemmeno al marito, convinta fosse infettivo. Si chiudeva nelle sue stanze, a provare i vestiti, leggere ed invitare le amiche, come se niente fosse.
E come se tutto ciò non bastasse, le lettere che arrivavano ad Antonio erano sempre le stesse: Mi spiace, ma non possiamo aiutarla.

Il 19 dicembre 1926, il signor Lacroix iniziò a tossire sangue. Antonio provò a chiamare ospedali e dottori, ma non ci fu nulla da fare: ad aggravare la situazione, il telefono era nuovo, e pertanto andava molto lentamente, ed il centralino prendeva la linea a singhiozzo.
Alle ore 18.15, il signor Lacroix spirò.

Antonio non si dette pace. Continuava a ripetersi che era colpa sua, che poteva fare di più, che doveva provare altre cure.

Due giorni dopo gli arrivò la lettera di Albert Calmette: leggendo i sintomi di Monsieur Lacroix, il medico pensava che avesse la tubercolosi, e lo invitava quindi ad andare nel suo studio a Parigi per avere un campione della sua innovativa cura chiamata BCG.

La missiva aveva data 17 dicembre 1926.

Marie si chiuse nella stanza del padre per giorni, uscendone solo per il funerale: nella chiesa, la vedova si disperò in modo teatrale, suscitando l'ira della figlia, che la cacciò dalla chiesa violentemente e poi si chinò sulla tomba del padre, singhiozzando. 
Non si ebbero più notizie della signora Lacroix per molti anni; un giorno però Antonio lesse che s'era risposata con un noto banchiere, in Corsica, e che era divenuta per i figli del marito una madre modello.

Il 25 dicembre 1926, Antonio prese coraggio e bussò alla camera della moglie. Non ottenendo risposta, aprì la porta.
Marie era accasciata sul letto, le gambe leggermente divaricate, la testa girata da un lato, le braccia aperte. In una mano teneva una boccetta di sonniferi vuota, proveniente di certo dalla valigetta di Antonio, e nell'altra una lettera, in cui chiedeva perdono al giovane. Antonio corse a prendere lo stetofonendoscopio ed auscultò il cuore di Marie. Non batteva più.


Il giorno dopo ci furono i funerali. Poca gente, perlopiù conoscenti. Antonio si presentò solo per pochi istanti, poi se ne andò.
E si chiuse in casa.

Che ne dite? Un pò tragico, ma direi che il rancore si sente bene... Se ho sbagliato qualcosa (dovrebbe essere ambientato nel 1900, ma non conosco molto bene quel periodo) scrivete pure!
E commentate!
Ivy

3 commenti:

  1. Bel racconto anche se più che rancore io ho percepito disperazione e abbandono. Comunque complimenti! Hai un modo di scrivere veramente molto piacevole ^-^

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    1. Grazie mille! Effettivamente, dovevo esprimere quello... Son contenta di esserci riuscita.
      Passa quando vuoi, e - se ti va - proponi anche tu una parola! ;D

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  2. Grazie mille! Ma... Per il widget non funziona. E, anche se adesso risulterò un pò rompi, io volevo mettere il banner del sito, e non solo il GiveAway... Perdonami! ^-^
    In ogni caso, grazie di cuore per essere passata.
    E se ti va, proponi anche tu una parola! ;D

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