domenica 9 settembre 2012

Sfida: PASSIONE


Salve gente! 
Ringrazio Ferruccio per essere diventato Lettore Fisso, ed incito anche gli altri a diventarlo... Grazie di cuore! E naturalmente, grazie anche alle persone che hanno fatto le 657 visualizzazioni... Ho impostato il contatore! Notato? :)
I miei cari amici Milly & Vittorio mi hanno consigliato la parola di questo new post: PASSIONE... Intrigante direi! 

Ma stavolta voglio utilizzare la parola sotto un'altra accezione... Vedrete! Per una volta, basta sdolcinatezze! ;D




Licia non riusciva a dormire quella notte. Era troppo agitata.
La tempesta che sbatteva sull'oblò del faro non l'aiutava. Troppe emozioni in un sol momento sono difficili da sopportare, e Licia non era mai stata molto forte.
Si era fatta calpestare dalla famiglia, dai finti amici, dallo pseudo ragazzo, dai professori, dai datori di lavoro. Ed il suo unico scopo, la sua passione più grande, era evaporata senza nemmeno che se ne accorgesse. Fino a quando una sua collega d'università non le aveva fatto una specie di interrogatorio: chi era, famiglia, amici, amore, hobbies... E lei aveva capito che nella vita aveva fatto tutto ciò che voleva sua madre, despota di tutte le persone che vivevano sotto il suo stesso tetto: era arrivata addirittura a segregare la figlia e suo marito nella dependance per controllarli meglio.

Un giorno però Licia era scappata dalla sua prigione dorata nell'anonimo paesello sperduto, per accettare un lavoro di fortuna come guardiana di un piccolo faro.  E lì aveva iniziato il suo progetto: aveva talento, le poche amiche non corrotte dalla madre avevano migliorato i pochi difetti, dovuti più all'inesperienza che ad altro. La sua mano era diventata ferma col passare del tempo, i suoi occhi s'erano abituati a distinguere i pigmenti colorati, le palpebre erano ormai ferme e le matite sempre temperate.

E' stata dura scappare di casa, con pochi soldi suoi, un pò di talento nel campo del trucco , un diploma non voluto al liceo scientifico e due esami all'università di chimica della città vicina, anche questi imposti con la forza, perché 'Nel paese qui vicino hanno messo un laboratorio, e conosciamo l'amica della cugina della suocera del panettiere del dirigente, che ti darà subito un lavoro'.
Licia aveva altre idee: lei voleva truccare la gente, truccarsi come voleva, non badare alla madre che appena vedeva un rossetto le imponeva una nuova proibizione. Voleva essere libera
"Signorina! Signorina Licia! Signorina!" Qualcuno stava sbattendo sul portone del faro. Barcollando, Licia si alzò e aprì il portellone. Mentre faceva il gesto, gettò uno sguardo all'orologio: le otto del mattino. Ennesima notte in bianco.
"Si?" chiese rabbrividendo. Un vento gelido sferzava le onde, e lei indossava solo una canottierina leggeraed un paio di culotte.
"Signorina, è arrivata la sua risposta!" 
Licia prese la lettera con mano tremante. L'aprì quasi coi denti, la divorò con gli occhi.
Accettata. Accettata! Finalmente avrebbe fatto un vero stage di trucco! 
Dalla gioia saltò al collo del postino, che rimase sorpreso per qualche minuto. Quando si staccò, chiese: "Vuole un caffé?"
"No, grazie, signorina, vado di fretta..."
"Allora arrivederci!" esclamò lei, chiudendo il portone ad un soffio dal naso del malcapitato.
"Che tipa... " borbottò lui, riaprendo l'ombrellino.


"Ci vuole passione per fare questo lavoro. Se non pensate di averla, uscite di qui, altrimenti rimboccatevi le maniche!" Stefania, la capotrucco - o almeno così la chiamavano - era stata tassativa, e fin da subito aveva mollato loro un librone contenente le regole di base (e non) del make up, un astuccio con pennellini e pennelloni e una trousse con i più svariati colori. 

Lo stage durò sei giorni: Licia passò momenti d'inferno, la mattina studiando dal libro i vari nomi e tipologie di trucco, la sera mettendole in pratica. Non parlava con nessuno, non chiedeva mai niente se necessario, andava avanti spedita, guardando video su Youtube tutte le volte che per un colpo di fortuna il wifi arrivava fino al faro.

Stefania la osservava da lontano. Licia era l'unica lì dentro che ci metteva anima e corpo: per gli altri era un semplice svago, per lei era passione. Era determinata, e non guardava in faccia nessuno - se non per truccarlo, ma se Stefania o altri si avvicinavano, diventava subito timida, e diceva che non era opera sua, che la sua passione partiva dal cuore ed arrivava alla mano, non passava dal cervello.

L'ultimo giorno di stage, Licia era distrutta: visibili occhiaie violacee s'intravedevano sulle sue gote pallide, ed il test di fine corso era davanti a lei. Le sue colleghe avevano penne rosa coi lustrini, lei una semplice Bic. Ma le altre rispondevano con difficoltà, lei con decisione. 

Anche nel test pratico si distinse, ottenendo il massimo dei voti e ricevendo il diploma di truccatrice principiante e l'attestato di partecipazione: solo a quel punto Stefania poté prenderla da parte ed offrirle un caffè. 

Di fronte alla tazza bollente parlarono a lungo: Licia era un pozzo di idee, e la capotrucco non poteva non approvarle ad una ad una. Ad un tratto, spinta dalla curiosità, le chiese della sua famiglia: ed a quel punto la timida ragazza si trasformò in un fiume in piena, piangendo lacrime amare, e ridendo solo di fronte al mascara waterproof offertole da Stefania. 
Quest'ultima bevve un'ultima sorsata di bevanda bollente, congiunse le mani davanti a sé, ed esclamò: "Ci verresti a lavorare con me in Inghilterra?".


Passarono tre anni, i migliori della vita di Licia. Lei e Stefania attraversarono le sfilate di mezza Europa truccando le modelle più belle del mondo, del calibro di Naomi Campbell e Bianca Baldi, trasformando anche il più anonimo dei visi in opere d'arte. 

Quando tornarono in Italia, Stefania sposò il suo compagno di sempre, fece un figlio e lasciò le redini a Licia. 
Dal canto suo, Licia aveva finalmente ottenuto ciò che voleva, aveva raggiunto il suo scopo nella vita, era arrivata a toccare con mano la sua passione. 
Malgrado tutto però si sentiva incompleta, infelice: quando si chiese il perché, sentì una ferita riaprirsi. E ahimé, sapeva dove trovare il cerotto per richiuderla.
Così prese un giorno di ferie - il primo in tre anni di duro lavoro - e ritornò a Casa, tra i suoi tetti cotti al sole ed i suoi orticelli piantati in giardino. Dove l'aria sapeva di cose buone, e la gente sapeva tutto di tutti. 
Di fronte alla porta si fermò, inspirò profondamente e bussò con mano tremante.
Le aprì suo padre, che l'accolse a braccia aperte. Sua sorella l'aveva contattata via mail, e pertanto Licia già sapeva che s'era trasferita, che anche lei era sfuggita alle grinfie della madre. Quella stessa madre, invecchiata parecchio, che adesso fissava Licia da dietro delle spesse lenti di vetro, e che s'alzò a fatica dalla panca di legno, s'appoggio al bastone e s'abbandonò tra le braccia della figlia perduta, piangendo e chiedendo perdono per averla amata, ma averlo fatto male. 
Licia, dal canto suo, non rispose, fino a che la madre non si staccò dal suo collo. A quel punto la fece sedere, le prese le mani rugose e le chiese, con tono implorante: "Mamma, posso truccarti?" 
Sorridendo, la madre glielo concesse.


Che ne dite??? Commentate, o almeno fatemi sapere che ne pensate (via Twitter, mail, vedete un pò voi... :D)

Bacio, & buonanotte!

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