lunedì 12 febbraio 2018

In acqua sono nuda

Sono nata sotto il segno dei pesci, come la canzone. Ascendente cancro. Segno d'acqua. L'acqua è il mio elemento anche per colpa delle stelle. Sono pure astemia, bevo solo acqua. 
E solo in acqua accetto che il mio corpo pratichi sport. In effetti, fin da piccola ho preferito stare in acqua: allora, pensavo fosse colpa proprio di quel corpo che non mi piaceva affatto. Un'elefantessa, che riusciva a muoversi solo in assenza di gravità, che riusciva a galleggiare solo non sentendo il proprio peso che opprimeva il terreno. 
Oggi, acquisita un pizzico di autostima, ho rivalutato la cosa in altro modo. 
Sto bene in acqua, perché in acqua devo essere nuda. 
Un paradosso, per me che amo tanto i travestimenti. Per me, che amo tanto la tecnologia: l'acqua è la nemica per eccellenza. Per me, che amo tanto i capelli sistemati, i bei vestiti, il divano. 
Nuotare dovrebbe essere tutto ciò che odio, e invece mi attira a sé come le conchiglie sulla battigia: ci aggrappiamo invano alla sabbia, poi veniamo trascinate via dall'onda, risucchiate dalla forza dell'acqua.
In acqua sono nuda. Via il trucco. Via i vestiti. Via i gioielli, via persino l'orologio contapassi, che non si sa mai. 

Dopo tre anni, mi sono spogliata di nuovo: indosso solo un costume, simbolo della nostra società che non può sopportare una nudità totale - bisogna mantenere qualche maschera, qualche facciata. 
Ho fatto una doccia calda, e poi mi sono immersa nell'amorevole puzzo di cloro. 
Ricordavo l'acqua gelida, invece mi ha avvolto tra le sue morbide coperte. 
Ricordavo i miei muscoli pigri, invece sono diventati in un attimo scattanti.
Ricordavo il mio respiro affannato, invece ho ammirato con gioia le bolle intorno a me.
Ricordavo l'adrenalina. Per fortuna, quella non mi ha abbandonata.
In acqua sono nuda, non solo nel corpo. Il mio spirito si denuda: nelle prime due vasche mi sono concentrata sulla respirazione, sui movimenti un po' goffi ma fluidi come l'acqua che percuoto. Già dalla terza, la mente ha gettato via ogni preoccupazione: ho iniziato a pensare, finalmente senza limiti, e ho potuto ricordare e sognare e cantare nella mia mente e seppellire ogni dolore, a parte quella piccola morsa al petto che attanaglia l'animo quando si ricorda qualcosa di doloroso.
Soprattutto, ho potuto finalmente ricordare perché amavo nuotare. 
Ricordare anche perché ho smesso, sia ben chiaro: ritmi troppo serrati per me. Il tempo manca sempre quando si ha da studiare: per denudarsi, è necessario essere privi di impurità fisiche (leggi: ore di depilazione) e mentale (leggi: il ricordo della verifica del giorno dopo), e non potevo permettermelo. Senza parlare delle gare: non gareggio se non posso arrivare prima. E io arrivavo sempre ultima. Non faceva per me.
Ma amavo nuotare. Era un sogno, ero solo io nel mio elemento.
E ogni sogno è seguito da un altro.
Ed eccomi qui. A scrivere, finalmente.
In questi mesi ho valutato tanto cosa voglio fare della mia vita. Molte persone mi considerano una persona che sa ciò che vuole, e proprio io, così sicura di me e del domani, non so più chi sono e cosa voglio. Ho perso l'ispirazione, ho perso l'attrazione del foglio bianco, ho perso la bussola che indica sempre la direzione per l'avventura.
Il mio cuoco di fiducia mi riporta sempre coi piedi per terra, mi ricorda che i sogni non si mangiano, e bisogna valutare cosa sia realizzabile e cosa no. Ha completamente ragione.
Se continuo a sognare di scrivere, non scriverò mai. Devo mettermi davanti al foglio, ora e per sempre, e ridere alla vita. Devo spogliarmi.
Devo tuffarmi nel bianco e tingerlo di parole.

2 commenti:

  1. Anch'io continuo a sognare e non mi spoglio mai... Dovrò cominciare a farlo, il tempo stringe! Grazie, mi hai fatto pensare...

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